Presentato il Manifesto della green economy
Fonte: Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile
Un percorso programmatico in 7 punti per disegnare la città del futuro, integrando qualità ecologica, sociale ed economica, attraverso l’interlocuzione della green economy con l’architettura e con l’urbanistica, intese come chiave per il rilancio del protagonismo delle città italiane. Il Manifesto della green economy per la città futura, presentato in occasione del Meeting di Primavera, organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, e in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2017, vede questa interlocuzione da una parte come un arricchimento della cultura, della vision, delle scelte e dell’’impostazione della progettazione architettonica e della pianificazione urbanistica e, dall’altra come una leva formidabile per lo sviluppo di una green economy nelle città. Proprio nelle città vive, infatti, oltre il 50% della popolazione mondiale, si produce l’80% del PIL e il 70% delle emissioni di gas serra e sono anche i luoghi dove si concentrano investimenti – che le Nazioni Unite stimano in 1,3 trilioni di dollari al 2019 – e si creano opportunità di nuova occupazione attraverso politiche di green economy.A livello europeo e internazionale sono già molte le città che hanno avviato programmi e iniziative in direzione green. Ecco alcuni esempi: Copenhagen, nel 2009, ha fissato l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2025; Amburgo ha pianificato una rete ciclo-pedonale alla quale sarà riservata la circolazione nel 40% della città entro il 2035; negli Stati Uniti, nell’era Trump, 25 città riunite nel Sierra Club hanno adottato un programma per arrivare a consumare solo energia rinnovabile, puntando a raggiungere l’adesione complessiva di 100 città; il “Programme National de Rénovation Urbaine” della Francia che ha attivato la rigenerazione di 530 quartieri in tutta la Francia, con circa 4 milioni di abitanti, con un fondo economico, in partnership pubblica e privata, di oltre 40 miliardi.
In Italia invece, dopo una certa vivacità con il movimento delle Agende 21 locali nato con la Conferenza ONU del 1992, dopo il Protocollo di Kyoto del 1997 e con l’adesione al movimento del Covenant of Mayors, lanciato dalla Commissione Europea nel 2008, abbiamo avuto un periodo di stallo e di scarsa iniziativa delle città italiane che, a parte rarissime eccezioni, sembrano poco coinvolte nel fervore green che invece caratterizza molte città a livello europeo e internazionale.